Il MASAF, attraverso la Direzione Generale della Pesca e della Acquacoltura, predispone il Programma Nazionale Triennale della pesca e della acquacoltura (PNT), unico strumento programmatico delle produzioni acquatiche nell’ambito della politica agroalimentare italiana.

Il Programma Triennale è uno strumento completo di tutti i dati necessari, condivisi con l’UE, redatto con la partecipazione dei portatori di interessi, in particolare, dal nostro punto di vista, delle associazioni di rappresentanza delle cooperative della pesca e dell’acquacoltura riconosciute per legge.

La pesca e l’acquacoltura italiane, nonostante gli sforzi dell’Unione Europea, rappresentati dalle politiche e dai Fondi comunitari, rimangono settori in crisi.

Ad allarmare la “Pesca italiana” c’è l’Action Plan della Commissione europea “Piano di Azione per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente” (febbraio 2023), documento nel quale, di fatto, si propone il phasing-out di tutti gli attrezzi di cattura mobili che agiscono sul fondo, nella sostanza la “chiusura nel tempo” della pesca a strascico. È chiaro che questa proposta non considera con realismo il nostro settore della pesca ed in particolare lo strascico. Questo è un tema importante del nostro programma.

La pesca oltre ad essere una attività diffusa, tradizionale, con solide basi culturali e storiche millenarie, ha anche un rilievo economico e sociale importantissimo. Il settore della pesca conta complessivamente su 11.870[1] imprese e su circa 28.000 lavoratori, con un vasto indotto ad essa collegato.

Al netto dei 500 milioni di euro della UE, (FEAMPA, Fondo europeo per gli affari marittimi, per la pesca e l’acquacoltura) il settore soffre. La produzione nazionale è scesa rispetto alle proiezioni FAO a 184,1 milioni di tonnellate[2] mentre le importazioni di fresco e congelato salgono a 840 milioni di tonnellate.

L’intero settore ittico italiano, pesca insieme all’acquacoltura, riesce a rispondere solo al 20% dei consumi nazionali. Il dato è inquietante per due motivi, uno di ordine ambientale e l’altro economico.

Il primo motivo d’inquietudine è che molto di quell’ottanta percento di prodotto importato proviene dal Mare Mediterraneo. Se ne deduce che quando le nostre barche sono ferme, i pescatori dei Paesi Terzi transfrontalieri (Africa del Nord, Turchia, Paesi balcanici) non appartenenti all’UE, continuano a pescare, limitando l’effetto benefico dei sacrifici dei nostri pescatori, riducendone la performance in termini di salvaguardia degli stock ittici sovra sfruttati (overfishing), prodotta dalla riduzione dello sforzo di pesca. C’è bisogno urgente, per neutralizzare questo fenomeno, di una nuova governance del Mediterraneo.

Il secondo motivo che desta preoccupazione riguarda la sostenibilità economica del settore che è messa a dura prova da una sommatoria di fattori di criticità:

  • la riduzione della produzione e quindi la diminuzione dei ricavi;
  • l’aumento dei costi dei mezzi di produzione, il caro gasolio;
  • gli effetti dei cambiamenti climatici. Un esempio per tutti: il surriscaldamento delle acque dei nostri mari e gli effetti deleteri sulla pesca dell’alluvione della Romagna e delle Marche del Nord che ha ridotto la produzione delle vongole facendo schizzare in alto il loro prezzo a più del 30%;
  • le scelte di Bruxelles: l’UE sta attivando un “Piano di Azione per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente” (2023) per modificare la PCP (Politica comune della pesca) nel quale, di fatto, si propone il phasing-out di tutti gli attrezzi di cattura mobili che agiscono sul fondo, nella sostanza la “chiusura nel tempo” della pesca a strascico (il comparto della pesca più produttivo).
  • La riduzione a poco più di 120 giorni, dal 1° gennaio 2022, dell’attività di pesca per un corposo segmento produttivo della flotta peschereccia nazionale. Riduzione pari ad un terzo delle giornate annue che porta il settore al di sotto della soglia di sostenibilità economica, facendo sparire dai banchi dei mercati il prodotto Made in Italy, sostituendolo con quello straniero.

Quelle citate sono forse le più importanti criticità economiche che attanagliano il settore, ma non certamente le uniche.

Problemi complessi, difficili da risolvere, è urgente che tutti i portatori d’interesse, primo tra tutti quello politico, si mobilitino per dare delle risposte ai pescatori e mettere in atto proposte e azioni a livello comunitario, livello a cui è stata attribuita dagli Stati Nazionali europei la sovranità nelle scelte di politica della pesca (PCP).

Da queste attività che dovranno mirare ad un “nuovo patto comunitario per il miglioramento della governance economica ed ambientale del Mediterraneo” dipenderà il futuro del nostro settore.

Il nostro programma 2023 che partecipa all’attuazione del PNT (Piano nazionale triennale 2022-2024 del MASAF) parte da questo stato dei fatti, per proporre delle soluzioni di sostegno del settore a partire dall’integrazione tra sostenibilità ed innovazione. Sostenibilità non solo ambientale ma anche economica.

Il nostro programma 2023 dimostrerà l’urgenza di un cambiamento rispetto ai metodi fino ad ora usati per il mantenimento dell’equilibrio tra quanto si pesca e la capacità rigenerativa delle specie ittiche pescate.

È necessario per l’Italia dare un buon esempio in Europa integrando sostenibilità ed innovazione nella pesca e nell’acquacoltura  per tutelare il capitale ecologico e aumentare il valore delle imprese che lo genereranno  non solo dalla riduzione dell’impatto ambientale (Blue Economy), ma anche e soprattutto a partire da un quadro di regole nuovo, differenziato per area geografica, rivolto non solo ai pescatori comunitari ma a tutti i fruitori del bene comune Mar Mediterraneo che ne siano autorizzati.

Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale che oggi si traduce nelle attività di mitigazione dei cambiamenti climatici e quindi nella decarbonizzazione, il nostro Programma approfondisce, in maniera pratica e fruibile per gli operatori ittici, i seguenti temi:

  1. servizi ecosistemici (processi carbon sink di sequestro e fissazione di anidride carbonica);
  2. transizione all’elettrico dei propulsori delle barche;
  3. nuovi attrezzi da pesca ecocompatibili e dotati di sensoristica digitale per la selezione;
  4. utilizzo delle fonti di energia rinnovabile per la creazione di CER (comunità energetiche rinnovabili) per le comunità di pesca e di acquacoltura;
  5. sistemi di monitoraggio ambientale satellitari di ultima generazione assistiti da intelligenza artificiale;
  6. sistemi di acquisizione dei dati della pesca e dell’acquacoltura in unico data base nazionale;
  7. attuazione di modelli governance territoriali partecipativa di secondo livello che coinvolgono PA, Ricerca ed Economia (rappresentanti delle imprese) per la tutela dei beni comuni di ambiente, salute e sicurezza.

Il programma propone la sperimentazione di questi sistemi e di queste prassi ecologiche all’interno di progetti pilota di transizione ecologica delle Aree Marine Protette (AMP) e dell’Acquacoltura che coinvolgano i pescatori e gli acquacoltori.

Al nostro programma è stata aggiunta un’appendice informativa per le cooperative della pesca e dell’acquacoltura sul tema degli indicatori di sostenibilità ambientali rilevanti per l’applicazione del Regolamento europeo ESG (Environmental Social and Governance).

SCHEDA FORMATIVA INDICATORI DI SOSTENIBILITA’

LOCANDINA PESCA

DEPLIANT PESCA

[1] Registro delle navi della pesca (Fleet register) MASAF https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3698

[2] Food Outlook Biannual Report on Global Food Market. (FAO November 2022)